L’intervista con Leonardo Sciascia non
la si può ricordare per la genesi travagliatissima. Lo
scrittore, già allora non più in buone condizioni di salute, si
era come chiuso in se stesso, era diventato quasi sospettoso,
nel senso che non amava concedere interviste con leggerezza per
sentirsi fare domande scontate o, peggio ancora, stupide, come
lui diceva, soprattutto per la paura che venissero riportati non
fedelmente suoi giudizi su uomini e cose.
Fu laborioso convincerlo che non si
sarebbe trattato della solita intervista “usa e getta” da
rotocalco. Alla fine acconsentì. Mi recai a Palermo accompagnato
da un comune amico, il poeta Nino De Vita, che aveva condotto
positivamente la “trattativa”, e si andò insieme a casa dello
scrittore. Ma l’appuntamento lì sfumò perché quella mattina, era
il 7 aprile del 1986, Sciascia si era dovuto recare al
maxiprocesso per scrivere con urgenza un articolo per il
“Corriere della Sera”. A deporre quel giorno era stato chiamato
Tommaso Buscetta.
Da casa sua, quindi, ci postammo in
casa editrice da Elvira Sellerio. Ci avrebbe raggiunto lì. Da
Sellerio lo aspettava anche una troupe della Rai per registrare
una sua dichiarazione, da mandare in onda, non so in quale
telegiornale, sulla Costituzione italiana (ricorreva il
quarantennale della convocazione dell’Assemblea costituente
incaricata di redigere la nostra Carta fondamentale, entrata poi
in vigore, come si sa, nel 1948).
Sciascia, abituato a una vita molto
regolata, refrattario a ogni forma di mondanità che finiva per
distoglierlo dal suo lavoro intellettuale e di scrittura, era
visibilmente contrariato da tutto questo chiasso attorno a lui.
Temevo che non sarei riuscito a portare a buon fine l’impresa. E
invece, proprio quando si stava perdendo ogni speranza, ci disse
che per stare più tranquilli avremmo fatto l’intervista alla
galleria d’arte del pittore Maurilio Catalano, l’unico luogo a
Palermo dove lo si poteva incontrare, fuori dalle occasioni
ufficiali, in compagnia dei suoi fedelissimi amici, tra i quali
c’erano Aldo Scimè e, appunto, Nino De Vita. C’incamminammo insieme verso via
Mazzini. Sciascia aveva il passo lento e lievemente incerto, lo
guardo pensieroso, teneva una mano in tasca, con l’altra
impugnava un elegante bastone. La gente lo riconosceva per
strada, lo additava, si fermava a guardarlo. Sembrava una figura
d’altri tempi che passeggiava per le vie inquiete e caotiche di
Palermo. Anche in questo caso la sua presenza era confortante,
quasi rassicurante in una città che, a causa del maxiprocesso e
dei delitti eccellenti di mafia, sembrava sotto il coprifuoco
per il continuo, straziante urlo delle sirene e per la forza
pubblica in assetto di guerra ad ogni angolo, ad ogni crocevia.
Giunti a destinazione, Sciascia,
rilassatosi, fu molto disponibile con mio grande sollievo;
concesse l’intervista e ne rimase contento: ormai gli chiedevano
di parlar di tutto fuorché di letteratura. Ce l’aveva veramente
nel sangue, Sciascia, la letteratura; per lui era un impegno
civile e una ragione di vita.
L’intervista è qui proposta così come
è stata ripresa. Tranne che per un paio di interventi, confluiti
nei documentari “Vann’Antò e la poesia” (1992) e Salvatore
Pugliatti, la cultura come vita” (1991) essa è tuttora inedita
in video. La sua destinazione, in effetti, non era per la
televisione, bensì per la carta stampata, dove, infatti,
apparve. L’intervista venne pubblicata sulla “Gazzetta del Sud”
il 22 giugno 1986, col titolo L’insularità è un fatto”. Poi si
utilizzò il solo audio anche per un programma radiofonico della
Rai, “L’intellettuale al caffè” (1991), nel corso del quale fu
dedicata una puntata proprio a Leonardo Sciascia. Ora, questa
intervista, si può integralmente leggere nel volumetto “L’altra
faccia dell’isola. Incontri con Leonardo Sciascia”, edito da
Pungitopo nel 1996.
La qualità dell’immagine è scadente.
Si girava allora con mezzi di fortuna. Si è preferito lasciare
il filmato grezzo, senza correzioni in sede di montaggio di
post-produzione, con sfocature, spostamenti improvvisi di
telecamera, inquadrature sbagliate. Ma resta il documento
iconico, ormai storico, resta l’immagine inconfondibile di
Sciascia che la registrazione visiva, nonostante tutti i suoi
limiti formali, ci restituisce, però, vivo, come se fosse
idealmente presente. E resta, poi, il contenuto. Le risposte
dello scrittore, infatti, senza perdere di attualità e di valore
letterario, danno la misura esatta della profondità di pensiero
e dell’ingegno acutissimo di questo ineguagliabile maestro.